I “Mestieri” di Alessandra Palombo

copj170.aspMestieri – Alessandra Palombo – Edizioni Giuliano Ladolfi

Quest’anno ho fatto il presepe, ho costruito con il cartone, la carta da pacco stropicciata e con il verde finto, le nicchie-botteghe dove sistemare i vari strani personaggi che compongono il mio piccolo presepe. Mi piace citare in ordine sparso: il macellaio, il fabbro, il pastore, la lavandaia, la vecchia che fila la lana. Facendo il presepe non ho potuto fare a meno di paragonare l’improbabile paesello che cercavo di ricostruire alla raccolta poetica “Mestieri” di Alessandra Palombo (Edizioni Ladolfi) che avevo appena finito di leggere. Alessandra racconta in poesia i personaggi che popolavano la sua Elba e la sua infanzia. Il paragone non è peregrino, secondo me c’è tutto, c’è il tavolo basso e rotondo del mio salotto che potrebbe rappresentare l’Isola d’Elba, ci sono i personaggi che facevano i mestieri nella Portoferraio antica, c’è l’infanzia nel presepe, la stessa infanzia che è presente nella raccolta di Alessandra. I mestieri rappresentati da Alessandra Palombo sono 40. La maestra di piano che guardava con soddisfazione i suoi allievi; il vetturino con le tendine della carrozza in finto pizzo; la merciaia che aveva accumulato in un piccolo spazio un grande tesoro fatto di bottoni: il postino che conosceva tutti in paese e consegnava la posta anche se l’indirizzo era insufficiente; i giornalai che a destra e a sinistra di un passaggio vedevano giornali rispettivamente di destra e di sinistra, e così tutti erano contenti; il preside che sembrava il duce; il cassiere della banca Italo che salutava tutti con un mezzo inchino; il vigile urbano che strisciava muro muro come un rettile: Strisciava lento, muro muro, come un rettile,/per fiondarsi con un ago-antico artiglio urbano -/
sul pallone dei ragazzi; la bidella che aveva una buona parola per tutti ed era orgogliosa del suo mestiere; la tata che era per lei la terza nonna; e così via tutti gli altri. Sono i personaggi che lei ha conosciuto nella sua infanzia e giovinezza, che incontrava quando andava per le vie del suo paese e che le hanno lasciato dentro un’indelebile traccia. Che lei ha amato e che ha voluto per amore far rivivere rappresentandoli in versi. Dando, anche a chi non ha vissuto in quei luoghi, la possibilità di conoscerli, di intravedere i loro tratti e le loro caratteristiche, di vedere il loro volto, magari nascosto dietro una maschera come nella poesia Il fabbro: Non ho mai visto le sue mani. Teneva guanti neri/ e una maschera sugli occhi a difendersi dal fuoco.
Di questi personaggi del passato Alessandra ci fa conoscere il presente ma non il loro futuro, la loro storia (anche se chiaramente sappiamo qual è il futuro che attende inesorabilmente tutti gli uomini) nei versi resta sospesa come una lampada che penzola dal soffitto: non so se andò in pensione o s’ammalò;/ manifesti mortuari non ne vidi,/certo è che il negozio restò chiuso/e la lampadina a penzolare dal soffitto. A questi personaggi, anch’io un po’ mi sono affezionata, perché si sa che la conoscenza genera amore.

Il calzolaio

Gli occhialini sulla testa calva,
lo sguardo basso a rifinire suole o tacchi,
non so se andò in pensione o s’ammalò;
manifesti mortuari non ne vidi,
certo è che il negozio restò chiuso
e la lampadina a penzolare dal soffitto
sotto al quale aveva lavorato chino:
ginocchia e piedi uniti a fare appoggio
a una scarpa rovesciata.

Il fabbro

Non ho mai visto le sue mani. Teneva guanti neri
e una maschera sugli occhi a difendersi dal fuoco.
Scintille sfavillanti svolazzavano nell’aria
in quell’angolo di vicolo, alla fine di una corta
e antica scalinata, tra la chiesa e il panificio,
tra le donne con la sporta che camminavano
verso il pane quotidiano e il pane consacrato,
mentre lui batteva il ferro piegandolo col fuoco.

La casa della maestra di piano

C’era silenzio solo alla domenica.
Dalle due alle venti, gli altri giorni,
ogni ora squillava il campanello
sino al dì di giugno che vedeva
il passaggio del piano verticale
dallo studio al salotto rococò
per il saggio un po’retrò.
A sonate terminate, la Maestra
guardava soddisfatta gli allievi
già sognanti i giorni di vacanza
e tutt’al più, i migliori,
il conservatorio più vicino a casa
e non certo i talent show.

L’impagliatrice

Con gesti rapidi e decisi,
quasi imbastisse un orlo,
Beppina, seduta sui gradini,
senza sbagliare un nodo,
intrecciava, al sole, cordini
di paglia o midollino;
praticamente per la strada,
la sedia sfondata
riacquistava dignità
grazie a mani un po’contorte
per l’artrite.

2 thoughts on “I “Mestieri” di Alessandra Palombo

  1. Grazie Antonella per questa tua recensione. E’ vero, li ho voluti far rivivere. Sono persone comuni che erano importanti per il paese. Li ho voluti ricordare perché di loro resti memoria.
    Grazie ancora
    Sandra

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