Antonella Pizzo
Catasto ed altra specie

recensione di Narda Fattori (riportata anche in La poesia e lo spirito)

Credo di aver letto un libro prezioso, come preziosa sono l’armonia , la verità e la bellezza.
In Catasto ed altra specie la Pizzo scrive in un bel verso armonico l’evidenza della vita che si manifesta con le sue euforie e le sue frequenti malinconie, con tessiture di eventi che si richiamano l’un l’altro o si depositano nelle tasche come zavorra nel viaggio.
I pensieri no, essi si aprono ad approdi diversi per ricongiungersi sempre all’inizio, non perché La vita sia ciclica o circolare, semplicemente, dopo esitazioni e lunghe trasvolate sempre nella mente generatrice giungono, là dove sono nati, quasi che in questo percorso tondo si chiudesse la vita e il mondo.
Tenere saldo il filo che intesse e dà un senso, una certezza, che trasporta fuori dalla caducità, è la ferrea volontà , l’insistenza delle ragioni del cuore su quelle della mente: “noi lì, puntuali e precisi al filo / del rasoio delle otto, il caffè / nella stanza dell’usciere / le chiacchiere inutili ed il commento / alle finte notizie del giornale / tutti a bordo / dentro cassetto cercare taglierino / trovarlo e poi fare una punta alla matita numero 2.” Sono versi in cui il dramma si stempera e si esorcizza con l’esercizio quotidiano della volontà e della responsabilità.
Le poesie del libretto si muovono pressoché tutte in quest’aura di dominio del male e del demone che è in agguato, che racconta e sussurra nascosto nella nebbia fitta: non sono consolanti né consolatorie, semplicemente autentiche cifre di una personalità consapevole e agente.
Il “Catasto” sancisce misure, parla di lunghezza e planimetrie: catasto assume qui anche questa valenza semantica di dar conto dell’esistente ma anche di altro; nessun catasto potrà dar conto e stimare la profondità del sentire, la complessità del vivere, la disperazione che ti vorrebbe a lato.
Oltre alla grande profondità delle tematiche, incanta la melodiosità del verso, il tratto gentile del dettato anche quando tratta con materiale aspro (il fosso oltre misura, si rotola, si rotola e non si finisce mai, … donna che scrive stesa fra due croci…), l’originalità delle rappresentazioni metaforiche sempre e comunque tratte da un quotidiano consapevole e posto sotto il microscopio di una sensibilità autenticamente poetica.
Non sono rare le assonanze, ma sono pudiche, si percepiscono appena, sono necessitate, così come le inarcature, le anafore, e altre figure foniche. Una poesia necessaria e necessitata e vera, dove vera sta per autenticamente non intellettualistica.

(gennaio, 2007)

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