C’è assonanza fra questo cupo canto funebre di sapore medioevale o forse caravaggesco e l’immagine della fine che ormai da mesi il vecchio papa trascinava da un’apparizione all’altro e mostrava nei teleschermi di tutto il mondo? C’è qualcosa di quei segni di decadenza fisica, quasi ostentati di fronte all’esigenza di apparire sempre giovani ed efficienti, del luccichìo di quelle bave, di quegli occhi chiusi, di quel capo sempre più reclinato dal male, che noi associamo al ricordo di un uomo che, a prescindere da ogni fede e cultura, lasciò un segno così grande nella spiritualità umana?

Questa poesia di Antonella Pizzo sembra cogliere questo messaggio “agito” del papa polacco, parole che egli non pronunciò mai ma che potrebbero riempire un intero volume, un romanzo o un lungo poema scritto da una mente tenace e lucida con un corpo stremato, tematizzando in una sintesi inedita nella cultura contemporanea il senso del dolore.

I
Statua di cera che si scioglie
corruzione del corpo, fango e polvere
sfattume fuso in eterna quiescenza:
i porporati intonano canti gregoriani
sotto le vesti carni flaccide e artrosi.
Tratteniamo le feci – facciamo che non puzzi!
(Con dolcezza si sistema la veletta)
Mio padre, Padre mio, che miseria che è
quest’uomo che hai fatto a Tua immagine
e somiglianza, Padre mio di piaghe
e osso bianco e tondo
rotula e sangue e fiele
da ferita infetta
sgorga a fiotti acqua putrefatta
ma siano benedette le anime prosciolte
in infinito spazio liberate.

II

Quando le tue parole
forti volgevano
a punto erba e raso
e l’ago da parte a parte
pesante
trapassava il tessuto
docile diventava la tela di lino
e abbracci e nodi d’amore
vi si stendevano
improvvisi come acque dolci
che da sorgenti sgorgano.
Quante cascate di sorrisi
oggi cantavano di te
da falde gorgogliavano carezze
e i fiumi ricamati
vociavano il tuo nome:
sono fioriti nasturzi e glicini
nella tua tela tessuto avorio
lenzuolo ormai ingiallito
panno antico testamentario
custodito in cassa di cipresso
in nuda terra.

http://www.poiein.it/autori/2005/2005_04/13_PizzoCarol.htm

One thought on “Gianmario Lucini su Poesie a Carol

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