Catasto ed altra specie (Fara Editore 2006) organizza, nei suoi lucidi archivi, esperienze, sogni e bisogni messi in scena con masochistica intenzione o sarcasmo o tenero abbandono, nella convinzione che, il passato, soltanto la fiaba lo possa riscattare ed il futuro sia mosso dall’‹‹ingiustizia cieca››; intanto, ‹‹nel profondo / l’urlo›› macina, corrode voglia e pazienza, s’ingoia il destino. E allora non resta che il presente, ‹‹il dato della percezione›› che s’innerva nelle mani, negli occhi e infine nella pagina, in queste poesie cesellate a secco, dove gli spigoli vivi del sensibile sbriciolano al calore di un sentire profondamente umano, vissuto sul filo del ‹‹precipizio››, ma per niente rassegnato ad ‹‹una morte lenta / quasi indolente››.
Entro una cornice impiegatizia, di per sé tranquilla, in cui – in apparenza e capovolgendo l’occasione montaliana – torna il calcolo dei dadi, e ognuno sa chi va e chi resta, l’autrice sperimenta il comico e il tragico della vita, sino a smascherare le strategie di sopravvivenza degli umani, a perdonarle, con intima pietas […]

Il registro è leggero, come se la ferita fosse pudicamente velata dallo stile e spettasse al lettore di cercarne altri indizi, che l’autrice dissemina qui e là, quasi per caso. E lo fa sul piano semantico […], ma soprattutto sfruttando soluzioni formali: si va dalla metafora dal forte valore simbolico (‹‹lui era un albero abbattuto / ed io i suoi rami››), al procedere per opposizioni (‹‹il nero sgorga dai tombini›› oscurando ‹‹gigli e gelsomini››, risarcibile però da ‹‹una filastrocca›› celeste), all’uso insistito di verbi dalla carica espressionistica (le ‹‹chiacchiere m’assalgono / […] / trucidano idee ancora in boccio / […] / soffocano germogli / stritolano radici››), al lapsus […]

A differenza del precedente libro (A forza fui precipizio, Lietocolle 2005), governato da un’urgenza tutta privata, oltre che dall’‹‹idea della fine e della parola ultima›› (come scrive nella prefazione Anna Toscano), in Catasto e altre specie il respiro s’è fatto collettivo, sgorgando nella mediazione dello stile e del pensiero, leopardianamente pessimistico eppure capace di infondere speranza, di lasciare spazio all’immaginazione.

 

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