A sta per AMY, che cadde dalle scale di Anfiosso

Anfiosso scrive nel suo blog

Il postaggio di jersera fu un po’ fulmineo; non che non credessi necessario accompagnare l’operazione a qualche succinta indicazione, ma il tempo stringeva, e non ho avuto modo. Non avrei proceduto – o forse sì, ma non adesso – a dedicare un sonetto a ciascuna delle tavole macabre (1963) di Edward Gorey (1925-2000) se non mi fossi ritrovato nella dashboard CUT – link al blog di Antonella Pizzo, che ha appunto manifestato l’intenzione di fare qualcosa del genere, producendo il primo sonetto della serie. Da una parte il sonetto si presenta molto libero, e io non so giudicarlo; ma quello che mi rendeva un po’ perplesso era proprio l’uso del sonetto come epigrafe, in controcanto con l’immagine, parendomi un po’ lunghetto. Gorey, peraltro, ha pensato solamente a un verso per tavola. Dato che non sapevo come il sonetto e immagini potessero associarsi, mi sono voluto provare a mia volta.

Devo ammettere che il risultato è apprezzabile (Anfiosso è turbo e ne ha scritti già sei!)  così mi complimento. Mi chiedo perchè il tempo stringeva, le tavole esistono dal 1963. 

***

Mi ricomplimento per i suoi sonetti, il mio progetto è fallito prima di iniziare, ora ci ho perso gusto, mi sembrerebbe di copiare. e poi dovrei correre e sbrigarmi, finirli prima che lui finisca i suoi, altrimenti qualcuno potrebbe dirmi: guarda li ha già fatti anfiosso, che fai copi le idee?! allora diciamo che li farò e li terrò per me. auguro ad anfiosso buon lavoro e leggerò con piacere i suoi prossimi.

A sta per AMY, che cadde dalle scale.
AMY, ch’è piccolina, posto male,
Parrebbe, il suo minuscolo piedino
Sul primo (e più fatidico) gradino,

Fa a capofitto, ahilei, tutte le scale.
Cade così chi il passo incipitale
Trascura; ché ha precipite destino
Chi ignora che, se più passi ha il cammino,

Tutto il cammino il primo passo vale.
La malferma innocenza rappresenta
La figuretta bianca, che risalta
Sopra il nero scaleo in cui s’avventa;

Così piccolo piede tale salta
Da grande altezza; così in basso spenta
Giace chi mai non diverrà più alta.

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