I compianti – Maria Pia Quintavalla

Pubblicazione1

 

I compianti (Effigie, 2013) terza di una trilogia di album familiari, Album feriale, China e I compianti. La raccolta si autodefinisce nel sottotitolo – Passeggiata con Correggio.  E ancora, passeggiata poetica e affettiva, mi suggerisce l’autrice all’interno del libro.  In copertina un particolare dei Compianti sul Cristo morto, dipinto da Antonio Allegri, detto il Correggio.  La passeggiata si compone di 3 parti, 5 compianti in terracotta nella prima, un intermezzo nella seconda e nella terza parte i congedi.  Chiude la raccolta un’appendice di tre testimonianze del padre dell’autrice, Piero Quintavalla,   due delle quali raccontano del  Natale del 1944 e della Pasqua del 1945 vissuti all’interno del campo di concentramento tedesco  in Austria.  Le poesie che formano la raccolta  hanno come sfondo Parma e sono dedicate alla memoria del padre, raccontano con voce autentica una storia autentica, autentica come la storia raccontata dal padre.  Queste sono le poesie che amo, poesie vere che scaturiscono da esperienze realmente vissute dall’autore, che sono manifestazione dell’essenza stessa del poeta. Non apprezzo tantissimo i poeti  che cavalcano le disgrazie altrui, che parlano di lutti, di lacrime, magari rubando le parole sgrammaticate di chi veramente ha avuto delle perdite dolorose.  A volte loro sono anche parecchio bravi a mettere ben benino le parole una dietro l’altra.  Anche se la loro vita si svolge più liscia dell’olio, loro fanno letture e reading sulle disgrazie degli altri, fingono sentimenti che non provano, dolori che non hanno.  Ma come dice Pessoa:

Il poeta è un fingitore.
Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.

E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio
non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.

E così sui binari in tondo
gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.

Quintavalla non è fingitore, è poeta  vera, sincera, e scrive davvero bene, in perfetto equilibrio tra nostalgia, sogno, realtà, dolore e leggerezza, visione e concretezza di sculture, anche se fragili terracotte;

Più che una passeggiata è un viaggio, il viaggio della vita che termina con la deposizione, una salita impervia che termina con una partenza,  il rito della partenza che porta in sè ricordi, lacrime, saluti. E nel viaggio si segue una linea, una rotta, si segue un filo per non perdersi, un filo che lega il padre al figlio,  cioè l’autrice, Più in là del Po dove d’un colpo tutto rifioriva. Po come il Nilo sorgente di vita per tutta la valle.  Filo che ci tiene stretti al nido, nido che poi diventa dito che segna ondulazioni, lino che avvolge il corpo deposto, e sigo che è lamento interno. Tutto ciò nel Compianto in terracotta I

Così ho deciso, metterò il libro della Quintavalla fra i miei preferiti, quelli che apro random quando mi va di leggere buone cose, cose significative che mi possano arricchire, commuovere, muovere l’animo. Non  essendo dotata di strumenti critici non so dire con contezza,   come una musica che ascolti e non sai perchè ti tocca l’anima e ti commuovi, anche se non conosci lo spartito e non riconosci le  crome e le semicrome.  E’  questione di neuroni, di cervello primitivo, o semplicemente di cuore, quel trenino a molla di cui sopra, che in questo caso non illude la ragione.

I COMPIANTI

(PASSEGGIATA CON CORREGGIO)

 

 

da Compianto in terracotta, V

 

Deposizione

Io l’ho tenuto in braccio,
gorgogliava entro la testa il sangue,
gli occhi aperti sognavano
di noi piccoli, esclusi;
dal nido io l’ho cullato, cambiato di vestiti,
visto nudo
le gambe belle già riposte in grembo,
il gesto aperto a croce,
negli occhi verde ceruleo l’ultimo battito
fluiva a oriente;
dal cervello il sogno d’essere tra noi
nell’amorosa sosta che lo volle
spaurito e solo,
lui  a t t e n d e v a

nella casa da generazioni, i frutti suoi
ritrosi, disertati.

 

*



da Intermezzo, Parte II                             

 
Qui, che ridiventa nido

I)

Se mi mettessi fuori a testimone,
del tempo e del mercato,
che la stessa scena ogni giorno
r i c o n c r e a

ma per meglio cogliere nel flusso
che si libera, io lenta
navigante che non sporge più
non rema a braccia a nuoto,
nuove luci arricchiscono disegnano
i suoi fianchi flessi come l’iride.

Se testimone fossi dell’intero,
nel verso io potrei smorta
carpire un suono madido che afferra,
piega a lato in frescura,
la bocca benedice, non sente più
pianti nolenti ma bambini
lesti nel correre,
che ricambiano  il suo  v o l o.

II)

Rivivi la tua infanzia, mentre ricrei
a Itaca, col padre
nel nome tuo familia nova, che
come l’altra, drammatica insoluta,
perché per crescere occorreva
essere amati, io adulta genitrice
della vita che si fa futura,
non mentore soltanto di occasione – infanzia
che si genera rifà mi pianta
intorno a un’ostrica mi incolla
alla matrice unita al male
con il bene, un arco soddisfatto

in sincronia   f u t u r a.

 

 

**

 

 

da I congedi (preparativi, saluti), Parte III
 

Come potere trattenerti

II)

 

Padre che non sei mai partito affatto,
ma che viandante ci sorridi additando
in un gesto più segreto il riso
o uno scongiuro,
della bianca camicia spezzi un giorno
arioso e lieve come un’ostia calma
che sa di carta e pane, che fa luce,
poi ci accenni che vivere e deambulare
sono la stessa cosa

 

*



III)
                        

Tra campagne a raggiera
ed alte mura che sorreggono
canzoni, notturni di visioni e pietra,
dove lunghe fontane coricate entrano
alla Pelòta, corrono
sotto al verde tenero che nasce
accanto all’acqua.

È nella croce antica di una chiesa
che riempita d’acqua si formò fontana,
e pioppi piccoli restano a guardare,
il monumento a Verdi travagliato dalle bombe
ostenta il pezzo suo migliore,
riesce a trasmettere un sipario
che ti rappresenta, che cammina  –

 

*

 

In angolo proscenio il cielo lo rapisce,
e vortica dove lo spazio assume il cono d’ombra
e luce, quasi eterno
che già eterno t’accompagna –
È là, in un’aura dolce
che ti seguirà rinato, a passo lento
dentro l’erba
per sempre tu ne varchi il cerchio,
lo attraversi ne esci, poi ritorni;
la passeggiata vola ai piedi, danza
su acqua scalza.

 

 

*

 

Non seguo il tuo bastone,
ma da lontano in muta processione
tutti i miei passi ai tuoi serrati
formano un cordone in ampio nodo,
un corrimano dove appoggiarsi
ai fori della voce, avanzano
risuonano quei gesti tornano vinti
e morsi d’aria, raddoppiano
le eliche del tempo da ieri a ieri
fino a qui, f u t u r e.

Come potere trattenerti non sappiamo,
ma infine, come nel gioco della retina
ed un suono tracciato trattenuto,
risuona stretto a te un   a b b r a c c i o
di conchiglie vuote.

 

 

**

 
Congedo, V
 
Caro Padre
 
Caro padre
dal cappello e cappotto infagottato,
come un uomo dell’ultima guerra
che fu soldato, maestro povero,
poi deportato; infine fu salvato
e ritornato, qui generò la sua secondogenita
uscita da un getto d’amore imprevisto,
un interruptus che mia madre non pensava,
facendola pregna –

Caro padre,
senza nessun foulard o corona,
si mantenne agli studi mentre lavorava,
che sgobbando ricordava
cosa è la fame
 
Che la fame provò
il tormento della tentazione a morire
scappando a piedi
dal campo di lavoro, con i russi alle calcagna,
i tedeschi col fucile spianato;
che incontrò China e visse
più di un sogno, una pittura come beltà
paesaggio che attendeva,
che della miseria fece modestia e vanto
tacitando la paura,
che rivoltò cappotti e tasche
per dare il pane a China, creatura
di regale aspetto mentre lui rude,
dal profilo adunco, che allattava

per non essere affamatore
diventò affamato.

 

 

Maria Pia Quintavalla è nata a Parma, vive a Milano. Libri: Cantare semplice (1984,
Tam Tam Geiger), Lettere giovani (1990, Campanotto), Il Cantare (1991, Campanotto), Le Moradas (1996, Empiria), Estranea (canzone) (2000, Piero Manni, nota diA. Zanzotto) Corpus solum, (2002, Archivi del Novecento), Album feriale ( 2005, Archinto), Selected poems (Gradiva ediz. N. Y. 2008), China (2010, Effigie). Ultima antologia, Trent’anni di novecento (a cura di A.Bertoni, 2005 Book). Numerosi premi,finalista più volte al Viareggio. Cura la rassegna Donne in poesia, e omonime antologie. (Comune Milano 1988, Campanotto 1992), Bambini in rima / La poesia nellascuola dell’obbligo, Atti su “Alfabeta” 1987. Collabora all’Università Statale di Milanocon laboratori di scrittura, con l’Università delle donne, la Società Umanitaria, Milano. Traduzioni: Gradiva, N. Y.; Traduzione / tradizioni, Milano; Schema, Università di Tubinga; Certa, Empireuma, Spagna; francese Une autre poésie italienne, Sorbonne, Paris; serbo-croato, Ed. DHK, Zagreb.

2 thoughts on “I compianti – Maria Pia Quintavalla

  1. Beh, anch’io mi commuovo, quando il messaggio dei testi raggiunge un orecchio: che è fine, allenato dal cuore, come questo, di Antonella.Pizzo
    Compianti che hanno marciato a singhiozzo a rébour, prima i recenti (Deposizione), poi i preparativi, gli ultimi del libro…(Caro padre), poi nella stampa, e negli invii – perché da sola -a compierlo quel lutto e quel libro e mentre la folla interna de le Silenziose bussava al mio cuore, (Nadiella, Piera) Eppure eccolo, tornato, sulle labbra di Antonella che con cuore attento ne registra suoni eliche e movimenti, ascoltandole. E lei sa,ascoltare ed è poeta. Grazie per questo, il ritorno, l’onda lunga e la storia di questo viaggio, quasi purgatoriale, la mano del lettore che la poesia ha stretto, dopo il viaggio è qui, come ha ben detto Celan …Maria Pia Quintavalla

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