una poesia vecchia

Si spendono le forze per prendere e afferrare le quattro cose
da dividere, le quattro sacche delle biancheria ed i cassetti in legno
chiaro e di ciliegio l’armadio e gli specchi macchiati
dove si sono specchiati i volti giovani e i bambini
i seni alti e le cosce magre, dove davanti e dietro
si vedeva la composizione e l’atteggiamento da tenere a un ballo
dove una maschera veniva provata per l’ultima scena
si spartiscono un bottino gramo di preoccupazioni e pianti compunti
di piccole foto in bianco e nero, di cornicette a intarsi
d’argento e d’oro anelli, catene che legano alla terra
ma le ossa nessuno le vuole, le ossa si sbriciolano, non servono
non durano. Si raccontano di vomiti e diarrea, di scariche, di sparatorie
di quando morì Falcone e Borsellino che loro erano in campeggio
e quando lo seppero non fecero neppure il bagno in mare

 

Giovanni Salvatore Augusto[1] Falcone (Palermo, 18 maggio 1939Capaci, 23 maggio 1992) è stato un magistrato italiano. Fu assassinato con la moglie Francesca Morvillo e alcuni uomini della scorta nella strage di Capaci ad opera di Cosa nostra. da http://it.wikipedia.org/wiki/Giovanni_Falcone

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