UN ARCIPELAGO DI VOCI POETI DELLE ISOLE TOSCANE PER L’ECOLOGIA INTEGRALE

UN ARCIPELAGO DI VOCI POETI DELLE ISOLE TOSCANE PER L’ECOLOGIA INTEGRALE

A cura di Nunzio Marotti Con la collaborazione di Claudio Damiani e Alessandra Palombo

Edizioni Il Foglio www.edizioniilfoglio.com

PAG.  150 EURO 14

Il circolo Laudato si’ di Elba si ispira all’ecologia integrale,  principio espresso da papa Francesco con   l’enciclica sociale Laudato si’ pubblicata nel 2015 sul tema della cura del pianeta e della casa comune e di chi la abita. Nunzio Marotti, animatore del suddetto circolo, ha invitato 87 poeti e scrittori dell’arcipelago toscano a esprimersi sul tema tramite versi o testi vari, editi e inediti.  Il progetto “Ascolta la voce del creato – Poeti per l’ecologia integrale” partendo da testi quali un brano biblico (Esodo 3), il Cantico delle Creature e brani dell’enciclica sociale “Laudato Si‘”, ha dato corpo a una particolare raccolta.

Curata da Nunzio Marotti, con la collaborazione dei poeti elbani Claudio Damiani e Alessandra Palombo, ne è venuta fuori un’antologia variegata a più voci, come un concerto nel quale ogni componente dell’orchestra suonando il proprio strumento produce un’armonia di suoni di un’unica sinfonia sulla bellezza del creato. Il tema centrale è importante e riguarda tutti noi, che abitiamo questo pianeta, nessuno escluso.

Non si tratta di un tema romantico e da ecologisti della domenica ma di qualcosa di terribile che sta avvenendo proprio sotto ai nostri occhi. L’uomo sta distruggendo la natura, basta fare una passeggiata al mare o ai fiumi per accorgersi che la plastica sta ricoprendo il pianeta, o andare  a fare la spesa per renderci conto dell’uso smodato che se ne fa.

plastica mare

La plastica uccide gli animali per soffocamento, ingerita dai pesci può arrivare nei nostri piatti. Occorrono 500 anni  a una bottiglia di plastica per degradarsi, ma non del tutto, perché sotto forma di micro particelle finirà nel nostro corpo. Ognuno di noi dovrebbe fare la propria parte, come i “poeti sociali” Questa antologia è un  “atto di amore per questo mare, queste terre e l’intero creato”.

il libro

Il libro contiene oltre gli 87 testi, interventi di Nunzio Marotti (“È tempo di poeti sociali”), di Claudio Damiani (“Abbracciati alla bellezza”) e di Giampiero Sammuri, Presidente del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (“Ho gioito per il messaggio potente di Papa Francesco”).

i testi

Claudio Damiani ha scelto un verso per ogni poeta che rappresenta, seppur brevemente, il loro pensiero sul tema della bellezza dell’arcipelago toscano e di tutto il mare e la terraferma.   Una raccolta da leggere per intero, sia per il tema che ci riguarda tutti, che per ascoltare la voce dei poeti dell’arcipelago, in questo caso “poeti sociali”. Alcuni di questi 87 poeti sono poeti conosciuti, altri meno, pertanto questa raccolta, aldilà del tema, può essere l’occasione di conoscere nuovi autori, conoscenze che sempre allargano gli orizzonti,  consentendoci di vedere oltre il nostro orizzonte,  vedere ciò che altrimenti i nostri occhi non avrebbero mai visto, poeti come  binocoli o cannocchiali, poesie come velieri o catamarani che navigano nel mare dell’arcipelago toscano:

amerigo vespucci

(di Claudio Damiani pag. 132-134) Apre il libro Angelo Airò Farulla con icastica ironia: “Qui gli alberi e le piante non muoiono / Di morte naturale, / Ma per man d’un giardiniere comunale”; poi, passando dall’ironia alla nostalgia, sogna una natura prima dell’uomo. A Danilo Alessi piace pensare che Giasone e gli Argonauti, quando fecero tappa – così dicono – all’Elba, non ripartirono ma, incantati dalla sua bellezza, ci rimasero per sempre. Per Tonino Ansaldo tutte le isole sono circondate dal mare, ma nessuna, come il Giglio, è un fiore (e ricorda anche il naufragio della Costa Concordia “dove l’inferno s’accostò”). Gianluca Bisso rovescia tutto: “la natura è rea di tutti i mali” (fa capolino Leopardi, che non è l’ultimo arrivato: riflettiamoci sopra. Il tema ritorna qua e là anche in altri). Per Castrenze Bonanno dobbiamo solo amare, solo così “una Stella per te nell’Universo sempre brillerà”, “aspettando che tutto finisca e tutto ricominci”. Per Barbara Carnevali l’Elba è un Eden che “va protetto / da questo mondo troppo imperfetto” e “dobbiamo trovare una nuova cura”. Per Maria Gisella Catuogno le isole sono “miraggio ai naufraghi / di impalpabili vite / incatenati all’onda dei ricordi / cerchi imperfetti”, e sono “abbracciate a se stesse / solitarie e pensose”. Chirsia chiede alle stelle: “Svelatemi chi sono e dove andrò / ch’io possa ritrovare il filo / che mi riunisce all’infinito”. A Luigi Cignoni “Può sembrare strano / ma le more dei rovi / elbani / mi hanno insegnato / a conoscere gli uomini / e a distinguerli”. Per Francesca Cicoria “l’Elba significa rinascita / che dopo un anno viene meritata / significa il ritrovato riposo”. Per Mimma Cuffàro il Capanne “è il mio Sinai. / Mi fermo / ad una fontanella naturale: bevo di quell’acqua freschissima”, è un “Paradiso in terra”. A me, Claudio Damiani, sembra che l’Elba a volte si muova, ma quando ritorno la ritrovo sempre dov’era, e penso: “Perché deve sempre stare a aspettare me, / se ha un desiderio di viaggiare, / perché non lo può fare?”. Marinella Da Roit ricorda le miniere, e sente che nell’isola ancora “rimbomba il passo / del suo minatore / di cui raccolse sangue e sudore”. Paola Silvia Dolci naviga nell’arcipelago e ci manda schegge preziose di un allucinato diario di bordo poetico. Per Roberto Fiaschi in natura ci sono predatori e prede, e “rapace è anche questa società, / è avida, / ci mette in competizione”, in ognuno di noi c’è la preda ma anche il predatore. Federica Franceschini vorrebbe sentirsi “libera / di vivere le mie stagioni, / nell’isola che non è esilio / ma prospettiva di vita serena”. Paolo Gambi loda francescanamente il Signore “per l’odore di castagni in fiore / in una sera solitaria a Poggio, / lì ho ritrovato l’anima”. Maria Paola Guarino associa “il velluto dell’agave / che esplode dalle rocce” alla schiuma della battigia che “sui grumi d’alga / si dissolve”. Per Khatoui da Gorgona, l’isola per gli altri è piccola, per lui è grande (“Isola piccola per altri / Sei grande, per me, / Gorgona”). E il mare “ti fa immaginare il mondo. / Come tu lo vorresti”. Paolo Fabrizio Iacuzzi parla di natura e dismisura in tre vorticosi sonetti, racconto di un sogno mattutino fatto all’Elba (“un sogno nella prima ora dell’Elba”). Per Andrea Isolani l’Elba è “la mia terra ferma, irremovibile, / ancorata ad abissi indomiti”, non passiva però, gli eventi la chiamano “a reagire, / a non lasciarsi andare, a riemergere dalle ferite / così sordidamente inferte”. Vincenzo Lerario respira la vita “anche dietro questa finestra / con le sbarre… / Dio, Madre Natura / o chi per voi, / posso solo ringraziarvi/ di sentirmi vivo”. Paola Mancuso dialoga con Dio: siamo “come bimbi innanzi ai doni / Ogni giorno ti neghiamo / E tu testardo ci perdoni”. Marco da Gorgona vede l’aurora intenta a “trattenere la notte che fugge via e contemporaneamente ostacolare l’avanzare del giorno”, è un istante magico in cui il tempo si ferma. Siamo tutti “parte di un tutto” ci dice Nunzio Marotti: “ogni cosa nel fondo / tocca tutte le altre” e il suo pensiero va al fondo del “mare di mezzo”, dove “dormono donne, anziani e bambini, / con le speranze dissolte dalle correnti”. Di un fondo comune parla anche Angelo Mazzei, un “grande lago sommerso nel cuore della terra” da cui scaturiscono tutte le sorgenti, tutti i viventi. Gemma Messori ci dice che “ognuno di noi / è un naufrago / e per ognuno di noi /c’è un’isola che lo accoglie”. Nell’incanto di Capo Bianco, ci dice Rosario Monti, “la mente si distoglie dai pensieri” e “in quest’incanto scordo i dispiaceri”. Carlo Murzi si concentra sul “POTERE”, scritto tutto maiuscolo, e sul possedere: “possedere per credersi DIO, / possedere…, per essere soli”. Sembra di vedere la solitudine di Putin alla messa di Natale. La parola ricorrente in Manrico Murzi è canto (“tutto quel che tengo / è la camicia del canto”), ma perché cantiamo, cosa c’è dietro il canto?  “il respiro del mistero, / che d’estate è luce in nero”. Giovanna Olivari scompone la parola “Mediterraneo” in tre parti: “MEDITa, pensa, ragiona / ERRA, vai, viaggia, vaga di terra in terra / NEO, nuovo Ulisse, novello uomo” che non si chiude ma si apre all’altro, all’altra riva del mare. Per Alessandra Palombo l’isola-mondo è sì violentata dall’uomo, ma c’è anche in lei una malizia, leopardianamente: l’uomo è dentro la natura, non fuori. San Francesco e Leopardi si incontrano, come era inevitabile. Per Rossella Parrini all’isola-mondo-natura dobbiamo consegnare “lo stesso amore / e dedizione, che tutti noi / riserviamo ai nostri figli”. Per Johnathan Rizzo la Marina di Marciana “lenta e placida / come bambina addormentata / si stende sulla sua battigia”. Per Giovanni Ronzoni l’isola è sempre “SORRIDENTE / sempre / ci sorprendi / ti doni” e è anche, in ordine: saggia, suadente, gentile, complice. illuminata. Sandro Sardella ci racconta di una poesia che fa rumore ma al tempo stesso “crea silenzio”, una poesia “che ti dà la mano sporca di terra”. Solisca Silvio ha visto un tramonto bellissimo, sovrastato però “da nubi scure … cupo simbolo di morte”; lei però ha “un cuore così grande da accogliere / ‘mila’ persone, anche quelle che non / mi vogliono bene”.

 

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