Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone

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E le parole vanno via da noi, dalla cera impassibile dei nostri volti, e attivano le leve submarine di altri esseri umani, uguali a noi. Che splendono, talvolta, come noi splendiamo. Senza saperlo. (p. 13)

Maria Grazia Calandrone orfana due volte, privata dei genitori biologici, poi di quelli adottivi, nel romanzo Dove non mi hai portata edito da Einaudi nel 2022, proposto da Franco Buffoni al premio strega 2023 “per la tenuta stilistica e la capacità dell’autrice di coinvolgere il lettore in una vicenda storica e umana al calor bianco”, indaga sugli avvenimenti riguardanti la vita e la morte dei suoi genitori biologici. Oltre al succitato Dove non mi hai portata la Calandrone ha scritto nel 2021, edito da Ponte alle Grazie, il romanzo Splendi come vita, che riguarda la sua vita vissuta accanto alla madre adottiva.

Calandrone, poetessa notevole, ha scritto sotto forma di romanzo una storia autobiografica, da lei definita lettera d’amore alla madre, narrata in prima persona dove racconta, tramite frammenti, immagini e inquadrature, rievocazioni, nel linguaggio poetico a lei congeniale, il complicato e difficile rapporto fra lei e la madre adottiva: Consolazione, detta Ione. Nata nel 1916, era moglie di un parlamentare comunista, insegnante di lettere, colta ed elegante, bionda e bella, così come appare nelle foto e nella copertina del romanzo con la piccola Maria Grazia in braccio.

Non ho ancora letto Dove non mi hai portata e, per chi non avesse letto nessuno dei due romanzi, probabilmente è preferibile leggerli entrambi iniziando da Splendi come vita in modo da aderire al tempo della storia e alla stesura della Calandrone.
Un ritaglio di un famoso giornale dell’epoca datato 10 luglio 1965 riporta la notizia che, dopo aver abbandonato nel Parco di Villa Borghese la propria figlia Maria Grazia di 8 mesi, una donna si era tolta la vita buttandosi nelle acque del Tevere assieme al padre naturale della bambina, anche lui annegato. Lei è Lucia, bruna Mamma biologica. Maria Grazia è figlia dell’amore quindi per la società di allora figlia della colpa. La notizia del ritrovamento nel parco della piccola e indifesa Maria Grazia fa scalpore ed emoziona la gente, il giornale di cui sopra scrive in neretto che la bimba NON HA PIU’ NESSUNO.

Maria Grazia venne affidata momentaneamente al brefotrofio di Villa Pamphili, in seguito viene adottata dai coniugi Calandrone. Consolazione è un’insegnante, il padre è un parlamentare del Pci prematuramente scomparso quando Maria Grazia aveva solo undici anni. Quando ne aveva quattro anni la madre, forse per via dell’ansia che le faceva temere di non essere amata in quanto madre adottiva, o per una malattia mentale non ancora del tutto manifesta, racconta a Maria Grazia che è stata adottata. Tra lei e la madre adottiva, si forma una spaccatura causata da un terremoto con epicentro nel cuore della vita che, pur non facendo danni visibili, tuttavia mina le fondamenta della loro esistenza, l’invisibile fenditura si allarga ogni giorno di più. La madre è convinta di non essere più amata dalla figlia, la quale ne soffre.

Spesso i rapporti fra genitori e figli sono difficili e faticosi, non solo nel caso di adozioni ma anche nelle famiglie con figli biologici. Si arriva al punto di odiarsi, l’amore marcisce e diventa tossina. Così fra accuse, equivoci e sgarbi, cresce lentamente la distanza e l’amore diventa crudele e l’amore crudele diventa protagonista assoluto, nasce e cresce “il disamore” che le allontana definitivamente. La Calandrone lo chiama disamore. Se non è amore allora è odio. Le due si odiano? Penso di no, più che odio, il disamore è rabbia e incomprensione. Un senso di inadeguatezza che diventa frustrazione. Se non è odio allora è indifferenza. Credo di no, e nel romanzo è chiaro che fra le due c’era amore Il disamore avvolge i letti dei bambini fra le spire di un pianto non pianto. I bambini non amati non piangono. Chi chiamerebbero, con il loro pianto? Per Maria Grazia la madre è quella donna, è Ione, non ne conosce altre, sente però in qualche modo di averla delusa. “La bionda Madre elettiva da me fragorosamente delusa” che Maria Grazia chiama Madre con la M maiuscola, la accuserà di tutto, a causa del suo crescente disagio mentale la punirà senza ragione come la matrigna di Cenerentola. Il lettore grazie al linguaggio profondo utilizzato, alle pause delle tragedie teatrali, agli a capo propri del dire della poesia, si immedesima nella storia e diventa partecipe delle sofferenze e delle tensioni che aleggiano nell’aria e che strisciano come edera che soffoca chi ne è inviluppato. Maria Grazia viene messa in collegio, dove, tranne una, non tollera le suore, comunque sopravvive e cerca di trovare un equilibrio, salvarsi dall’inferno in cui può precipitare, opera delle scelte, alcune giuste, forse altre meno, riesce a farsi assumere da Ornella Muti, il suo mito, aderisce a Scientology, insomma vive la sua vita come tutti.

Con questo suo romanzo Calandrone tramite la parola, che sa gestire magistralmente, parola poetica che guarisce le ferite, abbrevia le distanze, che sono ponte fra la vita e la morte, ora che fisicamente manca, che non c’è più la disamorata e aliena bionda Madre, Maria Grazia tramite questo romanzo in un certo senso la perdona, e il suo perdono è pubblico, come pubblica fu la storia del suo abbandono. Ora la figlia comprende appieno la donna che era sua madre. Ora che ne ha preso le distanze in quando persona adulta come la madre, la osserva da lontano come individuo e non più nel ruolo di madre. Ora tutto splende, come vita, come quel sorriso per il quale la Calandrone oggi come allora continua a scrivere.
“Madre conserva le mie prime poesie. Madre se le fa leggere ogni tanto. Madre critica duramente. Certe volte, sorride. Continuo a scrivere per quel sorriso.”

antonella pizzo letture e scritture  – e noticine di una finta critica

pubblicato in origine su limina mundi

 

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