Nostalgia di Ermanno Rea

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pubblicato su LIMINA  MUNDI il 27 aprile 2023

Dal greco: nostos ritorno a casa e algos dolore. Il dolore del ritorno. Nostalgia, dolore del ritorno, quel malessere che ti prende quando ripensi alle cose del passato, ai luoghi in cui hai abitato, alle persone che hai conosciuto e amato. Il libro racconta la Sanità e le sue bellezze nascoste, visibili solo a chi ama il quartiere, un quartiere ricco di storia e di umanità. Racconta anche della nostalgia provata per Napoli di Felice Lasco, un sessantenne nato e cresciuto al Rione sanità e che ha vissuto per altri quaranta anni all’estero. Il rione della sanità viene descritto in modo particolareggiato e poetico da Ermanno Rea, sono luoghi che amava perché i suoi nonni abitavano nel cuore del rione in quella lunga strada che è Via Cristallini. Frequentando quei luoghi era venuto a conoscenza della vera storia da cui ha tratto il romanzo. Il libro racconta la storia di due ragazzi, Oreste Spasiano, detto Malommo, e Felice Lasco. Sono nati negli anni 50 in quel quartiere che è come fosse un mondo a sé stante, ai piedi di Capodimonte, un quartiere che aveva visto passare principi e re, costruito sulle catacombe, su grotte, su strapiombi di tufo, piena di orti e giardini misteriosi, la chiamavano la valle dei morti per via del cimitero delle Fontanelle e per le spoglie mortali di San Gaudioso e San Severo in quei luoghi custodite. Lo chiamarono Sanità perché l’aria era salubre e incontaminata e le catacombe erano state responsabili di miracolose guarigioni, specie grazie al culto delle anime pezzentelle, ossa e scheletri sparsi che nel 1800 furono raccolti per pietà popolari e sistemati in ordine nelle grotte di tufo. Oreste e Felice, amici per la pelle, simili come fratelli gemelli, come Gaspare e Polluce, sempre insieme, simili ma diversi. Felice è un indeciso ,sembra essere totalmente dipendente da Oreste che è più freddo e determinato. Felice Ama i motori e vorrebbe fare il corridore, ha un patrigno, un uomo buono uno stagnaro che gli regala a 14 anni una Gilera 125. Quando scorrazzano insieme, Felice alla guida della Gilera e Oreste nel sellino dietro che lo incita a correre, lungo la salita stretta che porta a Capodimonte, Oreste è il cavaliere e Felice il suo cavallo. La madre di Felice faceva Ia guantaia, era molto apprezzata, veniva chiamata la signora, aveva capelli gonfi, era raffinata ed elegante. Grazie alla sua Singer e attraverso il suo lavoro, poteva affrancarsi da quell’ambiente degradato: “Tu non sei come lui” diceva a suo figlio cercando di allontanarlo da quel ragazzo così diverso da suo figlio, ma inutilmente. I genitori di Oreste invece rubacchiavano, la madre era una vaiassa, urlava sempre. Oreste voleva fare il salto di qualità, non voleva essere un ladro di galline come il padre, voleva fare carriera nel mondo malavitoso, così a bordo di motorini rubati i due si dedicavano allo scippo. “Si’ nu dio! Nisciuno corre comm’a te!” lo incitava Oreste. Felice correva e Oreste scippava.

Oreste un giorno studia il grande colpo, si sarebbero intrufolati a casa di Gennaro Costagliola, un usurario molto ricco. Oreste sapeva che quella notte l’uomo si trovava altrove e sapeva anche dove nascondeva soldi e gioielli, un lavoretto facile che avrebbe fatto guadagnare loro molto denaro. Felice era titubante, silenzioso: “Feli’, te sì ‘ncagliato?” L’amico finisce per acconsentire. Felice attese nello studio dell’usuraio, Oreste entrò nella camera da letto. Lo strozzino invece era lì che dormiva. Felice vide Oreste uscire dalla stanza con le mani sporche di sangue, disse che aveva ucciso l’uomo con una statuetta metallica. Felice volle entrare in camere da letto a vedere Costagliola. Il morto aveva la statuetta ancora accanto alla testa, il sangue sparso attorno.
Dopo la notte del delitto Felice sentì che la sua vita era perduta, aveva paura di finire in prigione, non era stata lui a uccidere lo strozzino ma si sentiva ugualmente colpevole. Partì per Beirut, con uno zio che lavorava in una importante azienda costruttrice di dighe e viadotti. Felice andò nel Libano e poi in Egitto, in Liberia, nel Botswna in Africa del Sud. All’estero conobbe Arlette che diventò la sua compagna anche se spesso vivevano lontani. Non tornò per quarant’anni a Napoli perché non aveva dimenticato la faccia dello strozzino morto, in Africa era diventato un uomo diverso, ricco e rispettato grazie al suo lavoro coscienzioso in azienda. Lo zio tornava spesso a Napoli e gli portava notizie della madre. Alla morte dello zio comincia a scrivere lunghe lettere alla madre. Quando per sei mesi non ebbe sue notizie e avendo saputo tramite un parente che stava molto male, si decise di tornare al rione Sanità. Felice vuol rivedere anche Oreste che è diventato un malavitoso, alla Sanità fa il bello e il cattivo tempo e vive come un pascià in una gran casa di lusso. A Napoli Felice ripercorre i vicoli e le strade che lo avevano visto bambino e poi ragazzo, quei luoghi fatiscenti e affascinanti nello stesso tempo perché pregni di ricordi e di storia, trova la madre che vive in un tugurio. Oreste le aveva comprato l’appartamento pagandolo più del valore di mercato, forse per ripicca, visto che aveva sempre invidiato a Felice il fatto che avesse un appartamento luminoso dal quale si poteva vedere il panorama e lui invece abitava nei bassi oscuri. E proprio a vivere in un basso oscuro che Felice trova la madre. Si prende cura della madre moribonda e la assiste con affetto fino alla fine. Infine si ostina a rivedere il Malommo perché continua, nonostante tutto, a sentirsi legato a lui, ha nostalgia della sua fanciullezza, della loro fraterna amicizia, della Sanità, delle sue radici.

C’è anche un’altra Napoli che Felice conosce, il prete ribelle Don Rega prete dei poveri che è il parroco di Santa Maria della Sanità, il Monacone. Adele, la ragazza dei bassi che si è laureata in Storia dell’Arte; il ragazzo che vuole studiare il violino; il medico in pensione che racconta la storia di un sindacalista musulmano e comunista, nonché la storia Felice Lasco, è un medico dell’ospedale San Gennaro dei Poveri, che ai poveri presta cure gratuite; infine un vecchio venditore di pelli che aveva amato in gioventù sua madre. Sono personaggi positivi, a significare la bontà, la speranza e la voglia di riscatto, in contrasto con i personaggi malavitosi che girano indisturbati per il rione Sanità. Il passato e il presente sono due facce della stessa medaglia, si confondono e confondono. La vicenda non finisce come si spera, anche se sorge il dubbio che la storia finisce come Felice Lasco voleva che finisse, che sia tornato affinché tutto finisse in quell’unico modo.

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Nel maggio del 2022 è uscito, tratto dal romanzo, il film Nostalgia diretto da Mario Martone. Il film è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2022. Il 26 settembre 2022 è stato selezionato per rappresentare l’Italia ai Premi Oscar 2023 nella sezione del miglior film internazionale, anche non è stato poi inserito trai candidati al premio. Felice Lasco è interpretato da un meraviglioso Pierfrancesco Favino. In un’intervista a Cineuropa, Mario Martone ha detto del passato e del concetto di nostalgia:

“Il nostro passato non è una linea retta. Vira in tutte le direzioni perché sono successe così tante cose. È un labirinto in cui ognuno ha avuto i propri incontri, sia buoni che cattivi, in cui hai detto cose che non avresti dovuto dire. O forse hai imboccato la strada giusta, quella che ti ha portato molto lontano. Non importa. Se ti guardi dentro e pensi a come tutto sia così intrecciato, forse significa che sei riuscito ad andare oltre il passato, ad andare oltre. Ma ci sono queste vocine che ancora ti chiamano di tanto in tanto. Provi a rientrare in questo labirinto. Ma questo tentativo di capire chi sei e dove tutto ha avuto inizio può essere pericoloso”.

bio tratta da ermannorea.com

Ermanno Rea nacque a Napoli il 28 luglio 1927 ivi visse l’infanzia e l’adolescenza nel rione Sanità .
Egli è stato un giornalista e scrittore italiano diventato famoso per le sue inchieste e opere di stampo investigativo incentrate su esperienze personali.
Prima di intraprendere la carriera giornalistica, Rea combatté come partigiano durante la seconda guerra mondiale nella brigata garibaldina Gino Menconi.
Nonostante la sua professione di scrittore, impegnato tra Milano e Roma, non conseguì mai la laurea in Lettere.
I suoi romanzi sono incentrati su casi di cronaca, come per esempio la scomparsa dell’economista Federico Caffè, lo smantellamento dell’acciaieria di Bagnoli, la storia del quartiere Ferrovia di Napoli.
Nel 2003 ricoprì il ruolo di Presidente delegato del Premio Napoli di Letteratura.
Durante la sua carriera, Rea coltivò anche la passione per la fotografia e per cinque anni lavorò come fotoreporter, documentando la vita in diverse parti di Europa e Asia.
Vinse vari premi letterari come il Premio Viareggio e il Premio Napoli per il suo romanzo autobiografico “Mistero Napoletano”, il Premio Campiello per “Fuochi fiammanti a un’hora di notte”.
Ermanno Rea fu candidato alle elezioni europee nel 2014 come capolista per L’Altra Europa con Tsipras nella circoscrizione del sud Italia ma non fu eletto. Ermanno Rea morì nel 2016 nella sua casa di Roma.

Antonella Pizzo

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