La casa delle luci di Donato Carrisi – incipit

la casa delle luci di Donato CARRISI

La casa delle luci di Donato Carrisi – incipit

Pietro Gerber era morto il primo lunedì di luglio, verso le dieci e trenta di una calda mattina d’estate.
Eppure quell’evento avrebbe rappresentato appena un episodio nel computo finale della sua vita. Col tempo sarebbe stato ridotto alla consistenza fugace di un aneddoto da catalogare nella memoria insieme a tanti altri. Era perfino errato definirlo «un ricordo», poiché di quel momento Pietro Gerber avrebbe rammentato ben poco.
Solo i dettagli che avevano preceduto l’evento fatale.
La camera lilla al primo piano della villa a Porto Ercole. Il profumo di lavanda. Il letto rifatto. La finestra spalancata sul giardino, con le tende di pizzo che fluttuavano come fantasmi verso il cielo azzurro. Quella specie di gemito emesso dalle sue logore scarpe da tennis sulle mattonelle di cotto, mentre correva a rifugiarsi sul balcone, inseguito da un’orda di coetanei determinati a catturarlo per far terminare il gioco. Il sudore che gli grondava dall’attaccatura dei capelli sulle guance accaldate mentre attraversava la stanza. Il gusto salato delle goccioline che gli finivano in bocca. Il fiatone e il sorriso ignaro che gli illuminava il viso mentre si voltava per un istante a controllare gli inseguitori alle calcagna. I calzoncini corti. La maglietta sbiadita di Pikachu. Le croste alle ginocchia per le troppe cadute in bicicletta. La pelle abbronzata. Il sapore di rosmarino nascosto nell’aria dell’estate.
La spensieratezza dei suoi undici anni, tre mesi, sedici giorni, dieci ore, ventinove minuti e una manciata di secondi.
Le braccia protese verso la balaustra di ferro battuto che, secondo le sue previsioni, avrà il compito di frenare la sua corsa. La ringhiera che sembra svolgere a dovere quella mansione appena Pietro vi si appoggia con tutto il corpo, ma che poi ondeggia inaspettatamente, come fosse fatta di gomma. E assurdamente, ribellandosi all’immobilità a cui è stata costretta per decenni, si disancora dal muro della vecchia casa, iniziando un viaggio verso l’ignoto come se si sentisse in grado di smentire la forza di gravità e, addirittura, di volare. Il relitto di metallo che lo trascina con tutto il proprio peso nell’abisso, mentre lui si tiene ancora aggrappato. Il sorriso di bambino che gli si spegne sulla faccia mentre affondano insieme nel vuoto. Gli occhi che si riempiono di terrore quando vedono avvicinarsi velocemente la ghiaia bianca del giardino. Il colpo dell’impatto, che uno si aspetta simile a una fragorosa esplosione, ma che invece è solo il suono cupo e netto di qualcosa che si spezza e che precede il buio.

Incipit tratto da:
Titolo: La casa delle luci
Autore: Donato Carrisi
Casa editrice: Longanesi

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