Il vestitino bizantino – 2016 Marina Pizzi

Marina Pizzi Il vestitino bizantino 2016- A un cuore in pezzi Nessuno s’avvicini Senza l’alto privilegio Di avere sofferto altrettanto. Emily Dickinson 1. Uccidi di me l’occaso La tragedia minuta d…

Sorgente: Il vestitino bizantino – 2016 Marina Pizzi

Marina Pizzi

Il vestitino bizantino
2016-

A un cuore in pezzi
Nessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
Di avere sofferto altrettanto.
Emily Dickinson

1.
Uccidi di me l’occaso
La tragedia minuta di essere
Serva scolara logora
Sopra la gabbia che mi pulsa.
Gelateria del Corso non fu l’infanzia
Adulta dozzinale campare le esequie
Di dì a dì. Patria confiscata la mia tasca
Scaturita da elemosine angolari.
Mi amò un ragazzo giovane giovane
Valse per me un circuito di nulla
Ma da vecchia mi rovina vecchia.
Oggi il tempo vacuo che mi sperpera
Perpetua le rovine d’attesa
Le sabbie mobili che per collare mi stanno.
Regia d’inverno ormai la girandola
Questo pallore d’ergastolo nel sanatorio
Postremo enigma il saluto d’àncora.
2.
Ho 40 di febbre e mi sento una bambina
Volante alla faccia di tutti i certificati
Medici. Nessuno capisce cosa voglia dire il male
La gentucola che s’incontra in ogni istante
E la ferraia della garrota. Nessuna pietà è consentita
Dacché nemmeno Gesù esiste. Stamane farò
Una colazione da nababbo alla faccia della nevrastenia
Incombente molto piena di fruste
E sterminio di risate per salse di cuoco
Vereconda perla di una nazione.
Disastro di notte non basta morire
Sotto mimose appena fiorite
Nel febbraio che io do a discordia
Netta. Mai avuto un alibi, tutto vespro
Oltre misura vero. Stazione di gestapo
Il cuore a placche nere sotto cancrena.
I pipistrelli trascinano il mio stato
Strampalato alambicco intasato.
E’ presto per commettere un omicidio
Su me stessa micio senza ciotole né coccole.
Stasera mangerò il cacio dei topi
Augurandomi di non essere vista
Strega bontade in realtà se resto.
3.
Natalina portava la parrucca
Per nascondere la calvizie della chemio.
Era mamma da poco e le restavano pochi giorni.
L’ultima frase che disse fu “non voglio morire”.
Morì un po’ prima di Natale, Lei Natalina.
L’occiduo duolo svolazzò le ceneri.
4.
Gergale mostriciattolo lo specchio
Quando guardarsi è ignominia di lutto
5.
Il dolore le incise il petto
Come una sindone.
Un dono di rimedio fu la luce
Smeraldina di rubino e quanto sia.
Appresso alla Madonna di salvarsi
Si incise a fuoco il nome di battesimo
Temibile anacoreta oltre lo spazio.
L’infuso della nonna lo sconsolò
Sul far della sera freno all’inedia.
Staffile di tamburo chiedere aiuto
Quando la sfilata delle rondini morenti
Accorcia rimanenze rese dal faro.
Moria del gelo essere festante
Insieme alla lucciola più debole.
Con giacca e cravatta mi presento al trono
Per essere espulsa dal pulsar del petto.
6.
Il crollo nella ruggine è il mio ristagno
Satanico stato dove imbruna
La fola del partigiano in giro ovunque
Nessuno illeso, nonostante.
La donna della fuga fu caligine
Rapporto calloso contro la bellezza
La culla della gioia infante gaio.
Ritorna la sconfitta dell’origine
La gita satura di guardare dio
Ormai sottana tutta straccia.
Il boia di erigere la costa
È alto mare senza mai perdono
Donna cortese con i pirati.
Soglie di baci ebbi quando la darsena
Chiusa e stretta ripulito senno
Mi somigliò gemella della foce.
Finita la lettura delle sillabe
La corsa balenò la vita nova.
7.
Nella stanza augustea il vezzo di amarti
Io plurima sfinge di rantoli.
8.
Tornando dal camposanto vidi un’edera
Sgangherata e giallognola. L’aria crepata
Fece male ad anch’essa, io simile malatino
Di scarpata dove la rondine non osa. Veneranda
La rotta di fuggire un indice di nuvole
A-geometriche o corrotte dal vento.
La genesi della volpe mi rasentò il collo
Bravura simmetrica alla resistenza.
Dove giammai eruppe commozione
Si stazionò il geco ultra vedente
Pauroso allo sguardo del vedente.
In meno di una gimcana ho stretto l’angelo
Delicato oltre il gelo della terra.
Mi si spezzò e io con lui scolammo invisi
Financo al cipresso che non ci accolse.
9.
Atlante sotto sforzo il mio cammino
Cessato al primo scoglio tutto straccio
Nomea di sé per morire adesso
Intralcio pure a dio questo mio corpo
Sentiero in far di cella con le tacche ai muri.
Ventaglio sulla voce andarmene
Tra cresime credulone e aloni angelici
Sotto il treno finirci tutti insieme.
E’ male il tuo dettato di tradurre
Financo le preghiere fanciullesche
Quelle bravate ai bordi del letto
Con il pigiama ad aghi.
Vespertina la mattina di darsi morti
Il piglio sul sudario di staccarsi
Per finalmente tegole di cocci.
Con resine santificate per bracciali
Ti supplico di tirarmi in braccio
Più in alto del possibile morire.
10.
I doveri del coraggio affrontano
I rantoli della fosca cometa
Scatola vuota al sipario del nulla
A teatro di stucco. A felicità di mensola
I libri sbilenchi chiocce di sé a forza
Di polvere. Di alma ritornami
Bambino, gatto dagli occhi lucenti
Da Nobel sul buio. Dove il sì risuona
È un sillabario botanico, sottile
Alberato da sogni in far di mandorla
Alberetti pronti per la primavera
Domanti la neve retta dal diavolo
Con le ciotole colme di vaiolo.
11.
La luce della scorribanda quando l’alone
Promuove almeno un angelo
E dal lontano lo disgela
Per apparire vero tocco ecumenico
Sopra tutta una vita. Allacciai le cinture
Di sicurezza per uno svolazzo di prova
Una passione svestita di cielo
E subito avvenne che me ne andai
Felice lince di aver visto chissà.
Genia del panico la nenia
Della febbre alta quanto un panificio
Di sassi. Corresse amore il rantolo
In genio metafisico di guardare l’epitaffio
Già pronto senza la cadaverina dell’occaso.
Fammi la casa in braccio alla cuccagna
Canaglia ormai di ogni avvenimento
Presto salutato per lenimento
Del ben oltre stato e vuota la caserma
Con le carceri spalancate.
12.
In un aculeo di estasi vermiglia
Si narra che vide Dio. In una valigia
Stracolma di versi si narra che vide
Il Diavolo. Dio e Diavolo a darsi le mani
Per la febbre di esseri umani avvinti
Creduli al fango di sé godereccio.
Miliardi di perle nel pozzo
Confiscano poveretta la luna
Così adagio ne crepò il cerchio
Così generoso da farsi accalappiare.
Poi i papiri tornarono per la gioia
Di studiosi singoli al vento di non capire.
13.
Muri di crepe sequestrano chi sono
In un pendio di salme appena state.
14.
I frac delle rondini commuovono sempre
Soprattutto quando sono stati presi a noleggio
Da altri volatili già sfiniti al
Giorno di collasso alla balaustra
Intorno al cavalcavia di notte
Si presentano le truppe di secoli
Le sconnessioni di abiti mal stirati.
Allora l’eleganza della rotta
Si fa trambusto contro lo sfacelo
Di altre bestiole umili e solitarie
Ritte ad aspettare il rancio da qualcuno.
Ora le ciotole si spaccano al veleno
Giammai lenito il dolore del nido.
15.
In mezzo alla cena di dirti addio
Dimentico chi fosti forse aquila cieca
O scoiattolo senza denti. Minaccia di aquilone
Starlo a guardare per farlo volare
Attonito di sé. Domani esisterò senza pace
Né apice di storia la conca delle mani.
Permesso di candore voglio amarti
Simile al regno del dolore immenso
Dentro la conchiglia che non si apre.
Brevetto invento la vittoria
Dell’esile baluginare quale una fetta
Di torta. Se mi starai accanto
Svelerò la bava di darmi morta.
Tu risolviti da solo, io non ci sarò.
16.
Le fauci del sale in tutta rima
Ridono a pallottole. Meringhe di addobbi
Starsene felici contro il domestico fattore.
E tu intruglia con la vergine la gioia
Quella canuta stazza di aspettare
Perché la nuda epoca è finita.
Imparo a sentire le manette
Le ambulanze danzanti
Verso calunnie di rumori.
Vetuste e canterine le pratoline
Prime ospiti di marzo.
Allora si eterna la sfinge del dolore
La lirica esangue della staffetta
Protetta dal fato di resistere strenua.
Un’attrazione di fare mi storpia scalino
La stoffa di lino è per il sudario
Corrotto da genesi di morti.
Ecumene di scompiglio reggere la vita
In un siparietto di strazio cacciato via
Dalla cometa bellezza senza eco.
17.
A piedi nudi ci somigliamo un poco
Quasi ci venga addosso la stessa
Vita sazia ché ubriaca di sé.
Tirannide di vento gemme rapprese
Questo salotto nitido di dolo
Interrogato germoglio di mogio fato.
La musica qualunque è sottobraccio
In un cimelio di eclissi.
Sì dimmi di sì alla pallottola alla nuca
Allo scempio di finire il rivolo votivo.
Perdura e aduna la vicinanza
Con lo zero del filo spinato.
Ammicca al tuono la maestà divina
Sala da aspetto dove tutto accade
Seguìto dalle frottole di spine.
18.
Gendarme cavernoso questo suolo
Silente con i dannati muscoli di terra
Le vie dell’abaco non contano più
È finita la crepa della sala d’aspetto.
La giornata va perpetua al tramonto
E il pazzo che gira in biblioteca
Sonnecchia camminando senza leggere
I dorsi dei libri che brillano al sole.
Quasi di versi è ramingo il dolo
Fasullo sull’edera di attaccarsi al petto
Per condannarsi colpevoli. Regole da conoscere
Non ce ne sono: si sparisce e basta
Come un bastione senza faro e mare.
Fulmini saette strali l’insonnia del baretto
Per il pretino che non sa dir messa
Agli analfabeti peggiori di lui. Lo attendono
E non sanno che Carmine è rosso.
Sotto la pioggia la gatta
Cerca stazione per la partenza
Dal cerchio delle stimmate:
Infine non doliamo già più
Sotto la finestra della gattara regia.
19.
Veronica la luna mi scompiglia il viso
Così sostanza d’acqua sempre senza
Piangere.
La carrozzella per via grida elemosina
La silloge del genio è senza madre
Comunque soli. E la rendita del seno
Invoglia la giara a spaccarsi si sparge
Olio per volare un poco.
In cella mi presento benestante
Quasi la giacca di morire appesi
Alla gloria del rantolo tuttofare.
In perno alla fatica di resistere
Si sfrangia la nomea d’io.
Mi sta la morsa del fato
Che mi gestisce satura marina
In gobba di sterpi ormai il cammino.
Con molta poesia ho vissuto poco
Dove rantola la ruspa della casa
Da abbattere. Busso per farmi uccidere
Silente bambagia della polvere regina.
20.
Venne il sangue che mi spalò bambina
Venuta appena alla luce la sciabola
Di amarti. La mia vita è ricoverata
In uno stallo. In una parvenza di abbraccio
Ho visto esalare amore l’ultimo sfratto.
Tagliole di elemosine guardarmi
Così starò stonata dentro il rantolo
Idillio di addio finalmente la morte
Contro la scaturigine maligna.
Ricordati di me quale amplesso nuvolo
Mi sta addosso cliente il mio occaso
Silurato da ogni diavolo di sorte
Distorta me ne vado tutta salina
Arsa si accalca la via dello strepito
Il nuovo fulmine di non capire niente
Nemmeno le frottole del filantropo.
Misantropo invece dio che non intrattiene
Veritiere le storie dell’ultimo miglio
E il carrettiere se ne va colmo sbadiglio.
21.
Gerundio occaso ergere la tomba
La breve raucedine del rantolo
Tutto curvo a spalar la fossa.
Il mare è anziano di maree
Nessun innamorato lo salva
Dalle derive plastiche di scarti.
Indovina di me chi fui quando
Dovetti quasi perdere una gamba
Per la scellerata scelta del motore.
La luna provvisoria conosce le tenebre
Le bravate del nullo bene nullo.
E’ buio il cielo con l’occaso sul groppone
Le ponenti eresie della notte
Quando il sogno bestemmia.
Del terriccio sono erosa salma
Maledetto cipresso che non aiuta
A salire Angeli. Perdono sangue le staffette
Votive. Sarà di notte il giglio velenoso
Il sudario al tatto di sentirsi inghiottire.
22.
Velocista d’occaso il mio manubrio
Brio nudo brio come quando seppi
Purezza d’origine le fosche stesure
Di poeti per caso ché fantasmi
Ogni tanto s’inumano.
23.
Un criterio sonnambulo mi aggredisce
Stratega del rantolo. Al capezzale c’è una darsena
Che emigra ogni volta che viene abbracciata
Dal cigolio delle suole l’infermiere
Mi fa dormire finalmente
Oltre il tempo. Prima del sonno gli dico
Grazie compagno del nulla la frottola.
24.
Io ne vomito baraccata e semplice
Fionda di pozzo. Nessuno accorse al
Lato del fato. Miseranda calunnia
Mi ha arresa. In agosto agonizzo
Più del solito. Nella cisterna annegano
I cuccioli non desiderati. Mondo d’infamia
Mia è la voce che ti garrota tutto.
Permeata dal silenzio della torre
Vago alla foga delle buche
Dove scivolano i gorghi delle tenebre.
Mi trasmetta occaso un atrio di bellezza
Aloe il profumo di non nascere.
25.
Veronica di lino mia madre
Quando la febbre brevettava aquile
Quantunque le finestre chiuse.
Gemme d’occaso mi diede sonno
Sul patibolo invisibile.
Morivo con l’abito festivo
Stipata dentro lo sterno
Notarile della morte.
26.
Abbrevio il mio tormento
Con l’alunno che non impara.
Passeggio il mio distacco
Con il dileggio delle auto
Capestri targate con il diavolo.
Non sono d’accordo con l’età
Megera raucedine di strazio.
Acrobata la gerla delle uova
Sbadate badanti del termine
A vita le fandonie delle fate.
Vessilli girandole con verdetti
Catastrofici addetti all’alto panico.
Speranzielle sgridano le pratoline
Che annunciano la primavera.
Respiro piano contro le trappole
Che incidono l’incidente allo scatto.
27.
Il mio arazzo si è spento
In un tappeto liso,
E’ incombenza di panico rivederti
Io che ti amai ambulanza piena
Di dolore al petto di guardarti
E l’emozione stupìta di amarti
Nonostante il cruccio di chi fosti
Bavero impiccante la nostalgia.
Veri discepoli annessi ai polsi
Quando ci amammo popolo di diluvio
Vetta con le stimmate toccarci.
Ora la genesi di perdere le ceneri
Al Nulla fuga la carezza ancora antica.
28.
E’ senza amore il seme alla nascita
Scivolosa lotta egoista
Stramba leccornìa per altre ceneri.
Silvestre bramosia tornare indietro
Dove giacciono le Veneri del ghetto
Con le memorie insite nei mattoni.
Il tufo della casetta proletaria
Trattiene solo muco con fandonie
Di sorprese. A scuola apprese che la
Migliore stanza è il battito del petto
Senza contare i versi a migliaia nascosti
Dietro la lavagna ché non è più tempo
Leggerli per nessuno. Siamo operai dotti
Soltanto di sussurri e battiti di martelli
Per appendere i chiodi di cappotti senza
Tasche con immensi brividi di freddo.
29.
Manette alle tempie resisto
Celle stonate le caviglie.
Curva da formula uno
Vago murata in gola alla sembianza
Musa bianca di non essere
Che trebbia alla bilancia.
In un sassolino di nebbia
Piange il ciliegio rosso
E la stamberga ride
Le indagini del tempo di finire
Sotto i ponti che si spezzano.
Calura alla malora questa logica
Brevettata da ognuno in via d’andarsene.
Nessun calvario salverà le pene
Redatte dal credulo bersaglio.
Indigeno il cipresso mi sta dentro
Ad ogni ora squassa. Maestra la campana
Dello stonio mi abbrevia l’io.
Da adesso è addio
Il discolo più carico di frottole.
30.
Vecchie onde supplicano il mare
A ringiovanire placche di sangue
Di martiri annegati. Antenne di fate
Seducono colonne di templi
Per tornare al salmo. Invece qui il plettro
È dannoso solco nei profili degli angeli
Di pietra. Accudirmi da alunno
Benestante nonostante la staffetta
D’imbroglio. Maestà d’altare la regola
Del pane azzimo quando il figliolo
Si stacca dalla madre. In panico
L’estate plurima di pianto perché lo zero
Fa rotoli di polveri veneree le malattie
Di zattere coi buchi sinistri. Avvenga a me
Un ordine di ladro staffa di non morire.
Papavero se fossi in universo
Solidale con le stelle spente, vuote
Tremende evocatrici di uteri blasfemi.
31.
Il traguardo pallido del malatino
Irradia tutta la stanza. Quale augusto
Scempio lo ucciderà? Che gli sia pacato
L’estro e la carezza avvenga graziosa
Al volto terso. In mano alla notte blasfema
Dovrà resistere pregando l’inutile
Con il sorriso imposto. Tenero l’olivo
Lo benedice a Pasqua. Ma già lunedì
L’angelo lo morirà senza nessuna
Sillaba di resistenza in forma di preghiera.
Anche accanto c’è il paravento
Del rantolo, un altro strazio che s’imprime
Al letto. Amore mio tienimi le mani
L’acqua del bicchiere è fosca
Atta a raggiungere l’inumano.
Vicino a te piange chi rimane
Zucchero del giorno nonostante
Il veleno. Ho presso di me un
Misero occaso stralunato sguardo
Tetro nonostante nascondimento
Spavaldo alla luce vaga del giorno.
Agguato ti vedo prendere bella la persona
L’amata falla che scoprì la fine.
32.
Connubio di sillabe gridare
Adescati dalla nube in via di sangue
Guerriero esangue ormai rimanere.
In dacia viveva Boris il Grande
Con gli amori vissuti oltre le impiccagioni.
Ho un cipresso che ho battezzato
Unico fuori dal camposanto:
lo chiamo Veliero come le bestemmie
che volteggiano sopra i campanili.
Bisonte il mio amico Gerundio
Che non dà da morire almeno per ora.
Sarà di casa arrendersi santini
Dentro le tasche di ognuno
Sulle bagatelle che cimentano la prima-
Vera origine di morire. Stammi accanto
Altrimenti mi uccido col dolo della fronte.
Le dee di cuccioli e trucioli sappiano
Di me che tremo monolite di lacrime
Crimini perpetui di nessuna pietà.
33.
Gli occhi impuri di avversare il cielo
Ispezionano la notte per beneficenza
Per tornare perle di fiati
Cantanti. Tu che schiamazzi di angeli alla tromba
Stai tentando il maligno stelo
Che porti via la primavera
Dai fiori trasparenti. In mezzo alla scommessa
Di non esistere
Sta la terra disserrata di morti
Lo scolaretto sterile di non imparare niente.
Bello così il refolo del verbo
Tutto botanico di bruchi.
Venne da me l’alunno ancora scevro
Di qualsiasi lezione, perfido spione di chissà che.
A turno la memoria di disperdere la tema
Furto trasognato il resto da respingere
Dal feretro cavare farfalle vive patriottiche
vichinghe.
L’ode lunga di campare dio
Non porta mai a gite fuori porta.
34.
Comparsa senza ordine di parole
Vo del sasso l’eredità.
In pancia mi metterò l’ossario intero
Così che sia difficile al padrone
Osannare chi muore.
Astrolabio di finestre essere madre
O padre, ma solitario comunque
Il fardello di permettere luce.
In cielo e sulla terra nullo il fratello
L’età canonica di perdere la vista
Nel simulacro danzante della noia.
35.
In un sillabario ho abusato
Di me. Con il crollo dello zodiaco
Sono apolide. Demente acquazzone
Per sempre foro atomico.
Mestizia del sole sono pallida
Per somigliare al fantasma
Asmatico per l’oltre.
36.

 

 

 

Marina Pizzi è nata a Roma, dove vive, il 5-5-55.
Ha pubblicato i libri di versi: “Il giornale dell’esule” (Crocetti 1986), “Gli angioli patrioti” (ivi 1988), “Acquerugiole” (ivi 1990), “Darsene il respiro” (Fondazione Corrente 1993), “La devozione di stare” (Anterem 1994), “Le arsure” (LietoColle 2004), “L’acciuga della sera i fuochi della tara” (Luca Pensa 2006), “Dallo stesso altrove” (La camera verde, 2008, selezione), “L’inchino del predone (Blu di Prussia, 2009), “Il solicello del basto” (Fermenti, 2010), “Ricette del sottopiatto”(Besa, 2011) “Un gerundio di venia” (Oèdipus, 2012), “La giostra della lingua il suolo d’algebra” (Edizioni Smasher, 2012); “Cantico di stasi” (Genova, Edizioni di Cantarena, 2013, selezione), “Segnacoli di mendicità” (CFR, 2014); “Plettro di compieta” (Lietocolle, 2015).
***** [altre raccolte inedite in carta, complete e incomplete, rintracciabili sul Web: “La passione della fine”, “Intimità delle lontananze”, “Dissesti per il tramonto”, “Una camera di conforto”, “Sconforti di consorte”, “Brindisi e cipressi”, “Sorprese del pane nero”; “Staffetta irenica”, “Il solicello del basto”, “Sotto le ghiande delle querce”, “Pecca di espianto”, “Arsenici”, “Rughe d’inserviente”, “Ricette del sottopiatto”, “Dallo stesso altrove”, “Miserere asfalto (afasie dell’attitudine)”, “Declini”, “Esecuzioni”, “Davanzali di pietà”, “L’eremo del foglio”, “L’inchino del predone”, “Il sonno della ruggine”, “L’invadenza del relitto”, “Vigilia di sorpasso”, “Il cantiere delle parvenze”, “Soqquadri del pane vieto”, “Cantico di stasi”; “La cena del verbo”, il poemetto “L’alba del penitenziario. Il penitenziario dell’alba”];
***** le plaquettes “L’impresario reo” (Tam Tam 1985) e “Un cartone per la notte” (edizione fuori commercio a cura di Fabrizio Mugnaini, 1998); “Le giostre del delta” (foglio fuori commercio a cura di Elio Grasso nella collezione “Sagittario” 2004). Suoi versi sono presenti in riviste, antologie e in alcuni siti web di poesia e letteratura. Ha vinto tre premi di poesia. *****
[Si sono interessati al suo lavoro, tra gli altri, Asmar Moosavinia, Pier Vincenzo Mengaldo, Luca Canali, Gian Paolo Guerini, Valter Binaghi, Giuliano Gramigna, Antonio Spagnuolo, Emilio Piccolo, Paolo Aita, Biagio Cepollaro, Marco Giovenale, Massimo Sannelli, Francesco Marotta, Nicola Crocetti, Giovanni Monasteri, Fabrizio Centofanti, Franz Krauspenhaar, Danilo Romei, Nevio Gàmbula, Gabriella Musetti, Manuela Palchetti, Gianmario Lucini, Giovanni Nuscis, Luigi Pingitore, Giacomo Cerrai, Elio Grasso, Luciano Pagano, Stefano Donno, Angelo Petrelli, Ivano Malcotti, Raffaele Piazza, Francesco Sasso, Mirella Floris, Paolo Fichera, Thomas Maria Croce, Giancarlo Baroni, Dino Azzalin, Francesco Carbognin, Alessio Zanelli, Simone Giorgino, Claudio Di Scalzo, Maria Di Lorenzo, Antonella Pizzo, Marina Pizzo, Camilla Miglio, Michele Marinelli, Emilia De Simoni, Linh Dinh, Laura Modigliani, Bianca Madeccia, Eugenio Rebecchi, Anila Resuli, Luca Rossato, Roberto Bertoni, Maeba Sciutti, Luigi Metropoli, Francesca Matteoni, Salvo Capestro, Fernanda Ferraresso, Flavio Almerighi, Dino Ignani, Gianluca Gigliozzi, Natàlia Castaldi, Stefano Guglielmin, Luigi Bosco, Nanni Cagnone, Flavio Ermini, Franca Alaimo, Roberto Maggiani, Federica Nightingale, Federica Galetto, Luigia Sorrentino, Alessandro Baldacci, Viola Amarelli, Giusy Calia, Alessandra Pigliaru, Enzo Campi, Sofia Rondelli, Domenico Pinto, Velio Carratoni, Franco Arminio, Rosa Francesca Farina, Narda Fattori, Ambra Zorat, Andrea Lucani, Mario Fancello,
Ennio Abate, etc., e molti altri].

***** Nel 2004 e nel 2005 la rivista di poesia on line “Vico Acitillo 124 – Poetry Wave” l’ha nominata poeta dell’anno. Marina Pizzi fa parte del comitato di redazione della rivista “Poesia”. E’ tra i redattori del litblog collettivo “La poesia e lo spirito”, collabora con il portale di cultura “Tellusfolio”. *****
Sue poesie sono state tradotte in Persiano, in Inglese, in Tedesco. Numerosi e-book e collaborazioni si trovano sulla Rete Web.
Sul Web curava i seguenti blog(s) di poesia:
http://marinapizzisconfortidico.splinder.com/=Sconforti di consorte
http://marinapizzibrindisiecipr.splinder.com/=Brindisi e cipressi
http://marinapizzisorpresedelpa.splinder.com/=Sorprese del pane nero
E’ nel comitato di redazione della rivista internazione “Poesia” diretta
da Nicola Crocetti.

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